Giovedì 5 luglio 2023 – ore 18,00 – “Sala Maddalena”, via santa Maddalena 7, MonzaPublished on Giugno 16th, 2023 | Category: INCONTRI ED EVENTI, NEWS, PRIMO PIANO, PROSSIMI APPUNTAMENTI
Il giorno 5 luglio 2023 alle ore 18,00 si terrà nella Sala Maddalena di via S.ta Maddalena a Monza una conferenza dal titolo “L’ultima Nouvelle Vague. Paolo Portoghesi e il Post-modern” tenuta da Sergio Boidi, professore del Politecnico di Milano. Qui di seguito riportiamo una nota critica che riassume i contenuti della conferenza.
Per partecipare potete date conferma inviando una mail di conferma a segreteria@collegioarching-monza.it. È stata richiesta l’attribuzione di 2 cfp da parte degli ordini professionali.
L’ultima Nouvelle Vague
Paolo Portoghesi e il Post-Modern
Un mese fa moriva Paolo Portoghesi (1931-2023). Era l’ultimo grande esponente della corrente di pensiero che nella seconda metà del secolo scorso si prefisse di rinnovare l’architettura partendo dal rifiuto del dogmatismo moderno e dal richiamo alla storia come retaggio naturale dell’architettura. Si trattò di un movimento internazionale dai tratti eterogenei, con un nome, Post-Modern (usato per la prima volta nel 1977), che avrebbe dovuto essere sostituito da un’etichetta meno generica, ma mai trovata o cercata. Così l’espressione Post-Modern restò con il suo senso vago di cronistoria nel delineare il processo rivoluzionario perorato da Charles Jencks nel libro The language of Post-Modern architecture, tradotto in varie lingue, ma non italiano. Forse, perché in Italia non aveva molto da insegnare. Qui, infatti, si erano già formate, a partire dagli anni Cinquanta, tendenze architettoniche che si prefiggevano di superare all’indietro l’architettura moderna, recuperando il passato e le tradizioni negate dal moderno. Dapprima il Neoliberty di Gabetti e Isola, poi le esperienze fondanti dei BBPR, degli Architetti Associati (Gregotti, Meneghetti e Stoppino), di Rossi, di Canella e altri. La rivista “Casabella-Continuità” diretta da Rogers era lo strumento che dava voce alle nuove idee, in contrasto con “L’architettura” di Zevi, attestata in difesa dell’architettura moderna e organica. A livello internazionale la situazione appariva però sufficientemente chiara da consentire allo storico Reyner Banham di parlare di “ritirata italiana dall’architettura moderna”.
In generale, in Italia il distacco dell’architettura dal Movimento Moderno ha avuto aspetti di positiva problematicità ontologica. Questo ha reso l’esperienza italiana un fenomeno di nicchia per la sua raffinata organicità nel ricorso al valore della memoria e all’ascolto dei luoghi, diversamente dal saccheggio degli stilemi classici che invece avvenne in altri contesti culturali. In quei casi l’uso acritico degli stilemi, trasformati in orpelli aggiuntivi o in forme prive di anima, si risolse in un decorativismo superficiale che fu la causa prima dello scadimento dell’approccio postmodernista e infine del suo fallimento.
Nel 1980 due eventi concomitanti promossi da Portoghesi fecero la differenza, portando a una definizione più alta il cambiamento in corso: sul piano teorico il punto fu fissato dal libro “Dopo l’architettura moderna”, mentre sul piano dell’immagine il nuovo modo di pensare l’architettura venne esemplificato dalla Strada Novissima, ideata da Portoghesi allora direttore della Prima mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia. La Strada, formata da dieci facciate a grandezza naturale disegnate da architetti famosi (Ghery, Koolhaas, Hollein, Isozaki, Venturi, Bofill, ecc.), ebbe una risonanza internazionale, cui si aggiunse il Teatro del Mondo di Aldo Rossi che intratteneva un dialogo metafisico con la Laguna veneta.
Le opere di Portoghesi si situano dunque all’interno di questa Nouvelle Vague ricca di promesse attese, e già si possono intravedere tra le pieghe dei primi edifici caratterizzati da giovanile esuberanza molti temi che accompagneranno l’architetto per il resto della vita. In questo modo l’architettura di Portoghesi ha attraversato il Post-Modern evitando di essere coinvolta nei suoi aspetti deteriori, rimanendo fedele alle proprie istanze iconologiche e culturali, che hanno avuto un forte riferimento nell’architettura barocca piemontese e romana, di cui Portoghesi è stato eccellente conoscitore e interprete. Fino ad arrivare vent’anni fa a studiare un rapporto nuovo con la natura, con la terra e i materiali primari che ha preso il nome di Geoarchitettura, tacciando una linea di continuità tra le scelte del passato e quelle del presente che si presta ora, chiusa la parabola esistenziale, all’interpretazione storica complessiva.
Sergio Boidi